BONNIE JO CAMPBELL MY SISTER IS IN PAIN – IL DOLORE DI MIA SORELLA

A cura  di Emanuele Emma ed Emanuela Falco.

Introduzione

Bonnie Jo Campbell è cresciuta in una piccola fattoria del Michigan con la madre e quattro fratelli. Ha studiato filosofia all’Università di Chicago prima di viaggiare da sola attraverso il Canada e gli Stati Uniti e poi anche in Russia e nei Paesi baltici.

Per le sue opere precedenti è stata finalista del National Book Award e ha vinto numerosi premi, tra cui l’AWP Award for Short Fiction, il Pushcart Prize e l’Eudora Welty Prize.

Vive a Kalamazoo nel Michigan dove insegna alla Pacific University.

Il suo romanzo “C’era una volta un fiume” è stato pubblicato da Neri Pozza nel 2012.

Il racconto che segue è tratto dalla raccolta “Mothers, Tell Your Daughters”.

Il Dolore di Mia Sorella

Dolore insopportabile quando si alza al mattino per andare a lavoro, dolore quando va a letto la sera; quando dorme, dorme nel dolore e si sveglia di nuovo nel dolore e si veste con pantaloni elastici in vita e maglioni vivaci, riscalda pasti precotti, sostituisce il burro con la margarina, lo zucchero con il sucralosio e fuma sofferente sigarette sulla veranda, mentre gli scoiattoli si arrampicano sugli alberi come idioti e le macchine senza marmitte vomitano fumo e disturbano questo vicinato di buche e finestre rotte, dove i bambini rubano di tutto pur di comprare metanfetamina.

I suoi dottori scrollano le spalle nei loro camici, la mandano da specialisti a cui cadono le braccia.

Dolore come aerei col frastuono dei loro motori che volano scombussolando il cielo. Dolore come piatti nel lavello – non solo i suoi, ma anche quelli di sconosciuti che sono stati lasciati lì per giorni, nell’acqua fredda e grigia.

Lei è la figlia di nostra madre, ma non sappiamo chi sia o cosa possa significare il suo dolore, le cicale del suo dolore nelle sere d’estate, le scosse nella spina dorsale come luccichio di lucciole infuocate, dolore che si irradia dall’intestino come scosse di anguille elettriche.

Dolore lancinante sessanta ore a settimana mentre lava, cura e nutre e si protende al dolore degli altri per uno stipendio misero, dolore palpitante persino quando ha un giorno di riposo.

E’ nata più bella di tutti noi e piangeva più forte nella culla, piangeva nel letto e fuori nei boschi – non disse mai cosa le fecero quei ragazzi vicino al torrente. Immagina un lungo corridoio con centinaia di stanze tutte chiuse contro il dolore; cammina lungo il corridoio e il suo dolore non diminuisce.

Che lei si fermi e bussi a qualsiasi porta o meno, che qualcuno la inviti o no per bere qualcosa, che quella persona sia io o meno, il suo dolore non diminuisce.

Raramente la chiamiamo, siamo educati a natale, la abbracciamo timidamente, ci complimentiamo per i suoi maglioni, le sue perle, le sue fasce per i capelli. Annuiamo quando parla delle sue scarpe speciali, delle sue fasce Copper Wear come quelle viste in TV. I regali che ci porta son ben incartati. Sciogliamo i fiocchi terrorizzati.

Traduzione di Emanuele Emma ed Emanuela Falco.